Nell’infanzia è comune trovare una distribuzione degli errori refrattivi molto variabile. Nell’età adulta invece si nota una concentrazione di emmetropia o di lieve ipermetropia stranamente elevata. Per giustificare questa condizione è stato postulato un processo di adattamento delle diverse strutture anatomiche, che devono essere relazionate in maniera precisa. Tale processo è detto emmetropizzazione (Straub, 1909; Sorsby, 1980).
Questo adattamento viene innescato dalla visione stessa: una visione sfuocata dà origine a un comando chimico-biologico di allungamento del bulbo (o di blocco dell’allungamento, ma non l’accorciamento). Il modello di van Alphen prevede l’esistenza di tre fattori che controllano lo stato refrattivo; esso si è dimostrato particolarmente lungimirante e le sue condizioni sono state successivamente dimostrate sperimentalmente. Secondo van Alphen, nei soggetti giovani la tensione del muscolo ciliare viene trasmessa alla coroide trascinandola in avanti, mentre durante la fase di rilassamento la coroide esercita una pressione sulla sclera provocandone lo stiramento. Il ruolo più importante è sicuramente quello svolto dal tono ciliare, ossia l’accomodazione, in quanto l’occhio giovane si allunga fino a che la sua dimensione non corrisponde al potere refrattivo; questo può indicare che lo sviluppo non è determinato da fattori genetici ma dalla visione stessa. Essendo il controllo del tono ciliare dovuto al sistema vegetativo, le influenze su di esso e di conseguenza sull’ametropia sono le più varie.39
A sostegno del modello secondo cui la visione determina la condizione refrattiva e l’alterazione visiva come possibile influenza sulla condizione anatomica dell’occhio, sono stati condotti numerosi studi su cavie animali. In uno studio condotto su un gruppo di pulcini si è provato ad alterare il normale processo di emmetropizzazione inducendo un errore refrattivo temporaneo, mediante l’applicazione di lenti di potere + 7 D e – 7 D. Nei pulcini a cui sono state applicate lenti positive per indurre miopia, l’aumento della lunghezza assiale è diminuito determinando un defocus miopico periferico, mentre nei pulcini cui sono state applicate lenti negative si è ottenuto un defocus periferico ipermetropico ed un aumento della lunghezza assiale.40 In un precedente studio, Norton e altri hanno studiato la competizione tra defocus ipermetropico e miopico in un campione di giovani scimmie sempre attraverso l’applicazione di lenti di potere negativo per indurre un defocus ipermetropico, e via via lenti più positive per indurre un defocus miopico. Analizzati i risultati, gli Autori hanno concluso che il defocus ipermetropico è lo stimolo che innesca un allungamento bulbare e, se questo stimolo viene ridotto con delle lenti che inducono la minor quantità di defocus possibile, la progressione miopica può essere fermata.41
Defocus periferico ipermetropico
Con refrazione periferica s’intende la posizione del punto focale di raggi di luce fuori dall’asse visivo primario che arrivano all’occhio quando i raggi di luce orizzontali sono focalizzati sulla fovea.
Mentre i soggetti emmetropi ed ipermetropi sono soliti presentare una miopia periferica (i raggi di luce periferici sono focalizzati davanti alla retina), è stato dimostrato che i bambini che diventano miopi presentano una ipermetropia periferica a partire da due anni prima dell’insorgenza della miopia (i raggi periferici sono focalizzati dietro alla retina). L’ipotesi attualmente più diffusa è che l’ipermetropia periferica costituisca un fattore predisponente allo sviluppo della miopia e, se così fosse, la correzione dell’errore periferico si tradurrebbe in un minor tasso di progressione miopica. Nei soggetti miopi, la correzione sferica dell’errore refrattivo aumenta il defocus ipermetropico. Aumentando la curvatura effettiva del campo è possibile correggere oltre all’errore refrattivo centrale anche quello periferico. Se questo non viene fatto, l’occhio continua il suo allungamento per poter focalizzare più nitidamente sulla retina anche gli oggetti proiettati in periferia, determinando un progressivo aumento della miopia.
In uno studio su un campione di scimmie di alcuni anni fa, Smith e altri hanno verificato in due modi se la progressione miopica centrale è effettivamente influenzata dal defocus ipermetropico periferico. In primo luogo, hanno applicato su occhi non trattati lenti sferiche che hanno indotto una miopia centrale ed un defocus periferico ipermetropico. In un secondo momento, hanno rimosso la fovea tramite fotoablazione; tuttavia, tale tecnica non si è rivelata sufficiente a prevenire la progressione della miopia. Gli Autori hanno quindi concluso che l’errore refrattivo periferico è determinante nello sviluppo dell’errore refrattivo centrale.43
Più recentemente, uno studio ha voluto determinare gli effetti dell’uso di lenti oftalmiche progressive e monofocali sul defocus periferico in 84 bambini miopi di età compresa tra i 6 e gli 11 anni. Gli Autori di tale studio, inoltre, hanno voluto verificare gli effetti del defocus periferico miopico rispetto al defocus periferico ipermetropico nella progressione dell’ametropia centrale (miopia). Dopo 12 mesi hanno riscontrato un defocus periferico ipermetropico nei soggetti corretti con lenti monofocali per tutti i gradi di eccentricità studiati. Nei soggetti con lenti progressive, invece, era presente un defocus periferico miopico tranne che nei 20 gradi inferiori. La variazione della miopia centrale è stata di -0,38 D nei bambini con lenti progressive e di -0,65 D nei bambini con lenti monofocali. Gli Autori hanno potuto affermare che l’uso di lenti progressive produce un defocus periferico miopico e una minor progressione miopica: questo va a sostegno della continua ricerca di un design ottico che supporti il defocus miopico periferico o il minor defocus ipermetropico possibile come potenziale via per il rallentamento della progressione miopica.44
Le lenti oftalmiche e le lenti a contatto monofocali sono le soluzioni più comuni per la correzione della miopia; non sono tuttavia le migliori per il controllo della progressione miopica. Attualmente ci sono diversi trattamenti che, in base agli studi fino ad ora effettuati, risultano efficaci per rallentare e talvolta bloccare l’allungamento assiale del bulbo oculare: il rimodellamento corneale (chirurgia refrattiva e ortocheratologia) e il controllo dell’accomodazione (lenti oftalmiche progressive, training visivo, Atropina). Tutte queste tecniche hanno una percentuale di successo variabile, dovuta in buona parte alle limitazioni degli studi: assenza di gruppi controllo per il confronto con i gruppi trattati, assenza di randomizzazione negli studi clinici, abbandono dei soggetti durante il periodo di studio o diversa progressione miopica tra i soggetti.
Bibliografia
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